domenica 19 dicembre 2010

IL VIAGGIO

Il viaggio secondo la mia visione è qualcosa che compi per ritrovare te stesso... forse è solo la mia visione attuale dato il mio periodo difficile.
Comunque penso che il viaggio sia una riscoperta profonda del nostro IO. Da poco sto cercando di entrare nel mondo buddista per capire più precisamente cosa sono al mondo a fare, cioè se sono solo un entità che prima o poi scomparirà senza aver lasciato nessuna traccia o se servo a qualcosa al mondo stesso. Interrogandomi su queste cose mi capitò un giorno di sentir parlare di un bellissimo film che sarebbe uscito a breve, con protagonista la mia attrice preferita, così mi chiesi cosa poteva succedermi meglio. Premetto che quando andai a vederlo ero fidanzata e poco aperta mentalmente, ma cosa ben più importante atea.
Quel film in un certo modo mi cambiò la vita. Mi diede nuove informazioni su me stessa e la voglia di capire chi fossi veramente.
Cercai di capire quali fossere le cose che amavo di più nella mia vita davanti a una bellissima tazza di te' fumante, in media ci metto 30 minuti a berlo. In quel momento mi accorsi che amavo solo tre cose, il mio cane, la mia cavalla e VIAGGIARE, scoprire nuovi mondi!
Viaggiare è fantastico pultroppo per mancanza di soldi mi sono sempre limitata a stare in Europa ma so che prima o poi riuscirò a vedere tutto il mondo.
Perciò cosa mi rendeva più felice del mio te' bollente che mi aiutava a capire la mia vita e un bel viaggio per riscoprire me stessa? Nulla. Ma tante cose mi rendevano infelice c'erano...
Quindi solo eliminandole avrei potuto essere più serena con me stessa, così feci.
Nello stesso periodo iniziai a leggere libri di Lise Bourbeau, grandiosa scrittrice che mi indirizzò verso il Buddismo.
Subito dopo incontrai persone prezziose che mi diedero titoli di un sacco di libri interessantissimi che mi spiegassero i pensieri del buddismo.
Ad oggi sto leggendo il libro di quel film che vidi intitolato: Mangia Prega Ama di Elizabeth Gilbert.

to be continued...

CERIMONIA DEL TE'-CHANOYU

L’arte del Chanoyu, perché di arte si tratta, è cosa assai complessa.
 
È assolutamente affascinante, intrigante, ricolma di simbologie poetiche e fantasiose.
Letteralmente Cha no you significa “acqua calda (per il) tè” e possiamo riassumerne l’essenza con questo pensiero che appartiene ai più grandi maestri: «Non cercate la ricetta, ma lo spirito del tè».
 È un’arte giapponese e nasce con Murata Shuko (1422-1502) che ne fonda le prime regole. Successivamente con Sen no Rikyu (1522-1591) diventa un vero e proprio rito, con codici e consuetudini ben definite.

La cerimonia del tè è un inno alla semplicità: tutto è semplice, sobrio, frugale. Dal luogo in cui si svolge, ai gesti, agli oggetti utilizzati, fino ad arrivare alle parole. Ne bastano appena quattro per raccoglierne i principi fondamentali:
- Wa: si riferisce all’armonia tra le persone e con la natura, armonia degli utensili e la maniera in cui essi vengono usati;

- Kei: indica il rispetto verso tutte le cose e sincera gratitudine per la loro esistenza;

- Sei: rappresenta la purezza interiore, ma anche pulizia delle cose che ci circondano;

- Jaku: indica la tranquillità e la pace della mente e corrisponde allo stato in cui l’anima rimane aperta.

La cerimonia del tè si svolge nella “casa del vuoto”, o chashitsu. Vi accediamo attraverso un piccolo giardino, percorrendo un viottolo sinuoso: l'attenzione si pone su alcune pietre, piatte e irregolari, che contribuiscono ad allestire la scenografia di un sentiero di montagna.
 Lungo il sentiero trovate una conca in pietra piena d’acqua: qui si possono lavare le mani e sciacquare la bocca, purificandosi dalle preoccupazioni quotidiane. 
Lasciate il vostro ego fuori dalla porta: la casa del vuoto ha un ingresso che obbliga tutti coloro che vi entrano a chinarsi, in un atteggiamento di umiltà.
 Prima sedersi bisogna spazzare i tatami (stuoie di bambù intrecciato, tradizionale pavimento delle case giapponesi) con una scopa di saggina, «per togliere tutta la polvere del mondo». 

Bisogna osservare come ogni cosa all'interno infonda una inspiegabile sensazione di pace e benessere. L’assenza di mobili e le linee sobrie del chashitsu evocano quasi un ritiro d’eremita: c’è un rotolo di carta di riso con una calligrafia tracciata dalla mano di un artista e qualche fiore disposto in un vaso; questo costituisce il tokonoma, il posto della Bellezza.

Al centro, un focolare scavato nel pavimento, su cui è posto un bollitore. 
Ciascun utensile è in materiale naturale e spesso variano durante i diversi mesi dell’anno per essere sempre in accordo con la stagione, in armonia con la natura.
Bisogna inginocchiarsi su un tatami e asciugare la ciotola (chawan) con un panno di seta appeso alla cintura del kimono. 
Accendere l’incenso prelevandolo dalla sua scatolina (kogo).
Prelevare il tè Matcha da una scatolina laccata (chaire) con un spatola di bambù (chashaku) e versare nella ciotola. Attingere l’acqua dal bollitore di ghisa o dalla teiera (kama) posta sul fornello incassato nel pavimento con il mestolo di bambù (hishaku) e la versare nella ciotola.
Frullare vigorosamente il tutto con una frusta di bambù (chasen) per poter ottenere la schiuma di giada: il tè così preparato prende il nome di koicha.

Importante: frullare il tè non con il braccio ma con il mio hara, cioè il punto fittizio dove si trova il baricentro energetico, tra ombelico ed osso pubico: in pratica, il movimento dovrebbe partire dalla sorgente, dal centro del mio essere.
 La grazia e al tempo stesso la forza con cui si adoperano gli oggetti è molto importante.
«Come siamo con gli oggetti, così siamo – in modo più o meno visibile – con gli altri».

Prima di bere a piccoli sorsi, ringraziare con un istante di raccoglimento.
Poco dopo pulire il punto della tazza da cui si ha bevuto con una salvietta di carta (kaishi) e passare, nel caso si fosse in più persone, la ciotola al secondo di voi, che berrà e asciugherà la tazza esattamente nello stesso modo. Passerete la ciotola al terzo, al quarto e quinto di voi, perché tutti possiate gustare il tè.

Quando l’ultimo avrà finito, porgerà la ciotola al primo.
Come avrete notato, la cerimonia non prevede né attori, né spettatori: ci sono solo “esseri” che agiscono, uno per l’altro, per raggiungere il solo scopo di creare un istante di perfetta armonia.